Buon pomeriggio a voi! 💗
Riprendo a scrivere e pubblicare dopo alcuni mesi di silenzio, nei quali sono stata impegnata in una serie di appassionanti studi di pedagogia. Proprio in relazione ad alcune ricerche e letture che ho svolto, vorrei accennare qui ad alcuni originali modelli didattici elaborati, nell’ambito degli studi psicologici e pedagogici, relativamente
all’educazione al problem solving sociale, alla prosocialità e all’apprendimento delle cosiddette life skills.
Riporto qui, innanzitutto, la definizione di "prosocialità", così come viene delineata in un
documento ufficiale commissionato dall’Unione Europea:
“Il termine prosocialità indica un concetto speculare di ciò che in psicologia viene definito 'comportamento prosociale',
vale a dire un complesso di azioni di cui beneficiano altri, la società o un gruppo di persone. La prosocialità è
caratterizzata da azioni di aiuto di cui il donatore non beneficia dei risultati. Un comportamento prosociale, perciò, può
essere definito come una serie di azioni volontarie intese ad aiutare o beneficiare un altro individuo o un gruppo di persone senza alcuna aspettativa di ritorno in termini di benefici. (…)
Il concetto di prosocialità descrive l’ipotesi teorica di questo sistema sociale di relazioni:
quando
un’azione non viene indirizzata verso un interesse personale ma per garantire un interesse generale;
quando con questo
atto un individuo è consapevole di trovarsi in un’area di rispetto delle regole (anche di quelle non scritte);
quando
vengono accettate da tutti e quando garantiscono il benessere del gruppo sociale o della comunità di cui fa parte
l’individuo.
Azioni prosociali fatte senza aspettativa di alcuna ricompensa esterna possono essere definite nella lista
provvisoria che segue:
• aiuto fisico e psicologico;
• condividere le emozioni degli altri (empatia);
• approccio meta-verbale verso i problemi degli altri per migliorare il senso di sicurezza;
• difendere gli altri da minacce;
• considerare ed apprezzare i punti di vista degli altri e le loro differenze;”
(tratto da Prosociality Sport Club, Prosocialità per l’integrazione e l’educazione multiculturale. Manuale Prosociale
Pedagogico Didattico, Lifelong Learning Program, PS CLUB - Prosociality Sport Club, Prosociality for Integration and
Multiculturalism, COMENIUS-CMP Agreement n. 2011- 3565/001- 001, p. 6).
In relazione al concetto di prosocialità, ho trovato l’Interpersonal Cognitive
Problem Solving (ICPS), un’innovativa metodologia didattica di problem solving cognitivo interpersonale,
che, con ottimi esiti, da anni, anche in Italia, è stata sperimentata in diversi cicli di
studio e curricoli, a partire dalla scuola dell’infanzia fino alla secondaria di primo grado.
I due studiosi americani, Myrna B. Shure e George Spivack, che ne sono stati autori, hanno
ideato questo programma di intervento didattico coniugando insieme, in modo molto originale, altre
note teorie o, per meglio dire, trovando i punti di contatto e interazione tra differenti indirizzi e modelli
di ricerca. Nell’ICPS, infatti, confluiscono e si integrano insieme diversi orientamenti di studio: da
un lato quello che, principalmente, fa riferimento agli studi sull’intelligenza personale di Howard Gardner e di Daniel Goleman su quella emotiva, e, dall’altro, ricollegandosi all’indirizzo di ricerca
sulle strategie inerenti il problem solving, avviate originariamente da Dewey e di primario interesse
e oggetto di studio anche nell’ambito della Gestalt.
Proprio tale accostamento, che
risulta, più in generale, caratteristico della psicologia a partire dagli anni ‘70 in avanti, rende il metodo interessante, perché concepito e predisposto per combinare
insieme le finalità positive a cui miravano entrambe le tradizioni di studio. L’elemento di novità e di grande intuizione alla base di questo metodo è
rappresentato dalla consapevolezza a cui giungono gli autori, attraverso le loro ricerche, secondo cui
la risoluzione dei problemi non può essere interpretata solo da un punto di vista esclusivamente
cognitivo e razionale, ma anche relazionale e interpersonale.
Sempre più la società attuale, così complessa, globale e multiculturale, e la scuola, in primis,
avvertono il bisogno di formare nei giovani abilità di risoluzione dei problemi, ma anche e forse in
modo ancor più cogente, di aiutarli a sviluppare efficaci competenze sociali, intelligenza emotiva e
personale, garantendo loro un’educazione socio-emotiva che li aiuti a costruire positivamente la
propria personalità e a relazionarsi efficacemente e in modo proficuo con gli altri, evitando forme
distruttive di aggressività o di disagio psicologico. L’ICPS, pertanto, da questo punto di vista, appare
essere un approccio formativo e didattico in perfetta sintonia con queste esigenze ed è una
metodologia che, sulla base delle innumerevoli sperimentazioni, ha dimostrato un’efficacia ed una
validità proprio dal punto di vista della sua realizzazione pratica.
Al fine di aiutare a prevenire o ad
affrontare in modo positivo anche forme di disagio e problemi comportamentali molto gravi, quali
l’incapacità comunicativa, l’aggressività, le diverse forme di bullismo o di devianza, che possono
manifestarsi in soggetti di giovane età, questo programma si è rivelato decisamente valido. Una successiva evoluzione di questo programma, ideata da studiosi italiani, è il programma
IPCPS (Interpersonal Prosocial Cognitive Problem Solving), che integra insieme l’originaria
metodologia di Shure e Spivack con gli innovativi programmi per la promozione della prosocialità.
Come affermano gli autori del programma IPCPS, Ricci, Diadori e Pompei, il
loro intento è stato quello di trovare i collegamenti del modello di Shure e Spivack con altri
programmi di educazione alla prosocialità, che stavano sperimentando.
In riferimento all'insegnamento della filosofia, per esempio, si potrebbe osservare come, per la natura
intrinsecamente dialogica di questa disciplina, tali programmi didattici appaiano notevolmente
adeguati per formare, oltre a competenze e capacità di ragionamento e di risoluzione dei problemi,
anche abilità comunicative, di apertura e di collaborazione con l’altro, che sempre più appaiono necessarie in un contesto sociale e storico-culturale come quello
attuale, contrassegnato da trasformazioni incessanti e da un elevato grado di complessità.
Citiamo, infine, un altro modello teorico-pratico di
promozione dell’educazione prosociale nella scuola primaria, denominato “Competenze Emotive e Prosociali: un’Idea perla Scuola” (CEPIDEAS) e realizzato da un team di lavoro italiano.
Per ulteriori approfondimenti, vi rimandiamo al volume degli autori dell'IPCPS, Ricci C., Diadori E., Pompei M., Promuovere l’intelligenza interpersonale. Un programma di problem solving cognitivo-interpersonale nella scuola, Edizioni Erickson, Trento, 2003.
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